27 ottobre 2010

ASPER VS AMOENUS




Il romanzo “I Promessi Sposi” si apre con la dolce e famosa descrizione del Manzoni di “quel ramo del lago di Como” descrizione che prosegue con la presentazione dei monti circostanti,del fiume Adda, della città di Lecco e dei paesini circostanti. Questo paesaggio quasi “idilliaco” è un vero esempio di LOCUS AMOENUS, un luogo piacevole, luminoso dove regna la serenità e la tranquillità. L'unico contrasto che si presenta a questo bel paesino è la presenza della guarnigione di soldati spagnoli.
Questo termine è utilizzato in letteratura per descrivere luoghi idealizzati,simili al paradiso terrestre solitamente situati vicino ad una fonte dove la natura è protagonista.
Mentre nel V capitolo dei “Promessi Sposi” viene presentato al lettore un luogo completamente diverso da quello che invece compare all'inizio del romanzo, con l'amena descrizione del Lago di Como : il terribile palazzotto del malvagio Don Rodrigo.
Il paese dove vive il “cattivo” della storia ,viene definito come un LOCUS ASPER, un luogo del tutto isolato.
La sua dimora assomiglia ad una “bicocca”, una vecchia e piccola rocca posta su un'altura ed è stato identificato in una dimora nobiliare che sorge sullo Zucco , un colle che domina Olate, dal quale si può vedere la costa del lago.
Si trova più su rispetto al paese degli sposi e dista tre miglia dal paese di Renzo e Lucia ,e 4 dal convento.
Intorno al palazzo ci sono delle casupole dove vi abitano gli uomini del paese , contadini di don Rodrigo, che avevano tutti un'aria severa e arcigna. Non solo l'ambiente ed il palazzo ,ma anche le donne sembrano dei maschi,erano muscolose e prepotenti come i ragazzi che si trovano per strada ,arroganti e antipatici.
Il palazzaccio somiglia ad una “casa abbandonata”:balconi vecchi sbarrati da inferiate come se fossero delle prigioni,dall'esterno non si sente nessun suono,nemmeno una voce, musica , allegria,proprio niente...è un luogo buio e silenzioso che sembra disabitato come il cuore e l'anima di don Rodrigo; infatti il luogo che ci viene descritto rispecchia decisamente il carattere ed il modo di vivere di costui.
All'entrata vi sono due vecchi avvoltoi , esseri morti,uno spennacchiato e l'altro pennuto, i due bravi sdraiati sulle panche aspettano gli avanzi della cena del Signore con due mastini che fanno da guardia. Crudeltà,oscurità e anche paura sono i sentimenti che questo palazzotto impenetrabile e decadente trasmette.
Leggendo questi passi mi è tornato in mente un viaggio che ho fatto alcuni anni fa con i miei genitori a Fussen, in Germania. I castelli che ho qui visitato in particolare uno ,quello di Neuschwanstein , mi ricordano la dimora triste e cupa di don Rodrigo. Mentre ascoltavo la storia della vita del re Ludwig II mi ha pervaso un senso di malinconia ,oppressione e mistero. Questo personaggio tanto amato ma allo stesso tempo odiato ,“pazzo” e omosessuale, è annegato in giovane età nel Lago di Starnberg.

Veronica Rigodanza

25 ottobre 2010

Bravi VS Picciotti



BRAVI vs PICCIOTTI:

I Bravi!chi erano costoro?
" Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull'omero sinistro, terminata in una gran nappa, e dalla quale usciva sulla fronte un enorme ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida di cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccol corno ripieno di polvere, cascante sul petto, come una collana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori d'un taschino degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guardia traforata a lamine d'ottone, congegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano a conoscere per individui della specie de' bravi."
Così li ha descritti il Manzoni nelle pagine del suo romanzo "I Promessi Sposi",descrizione che è arrivata fino ai giorni nostri grazie all'immortalità del romanzo.Ma chi erano dunque questi "loschi"personaggi?
In generale erano degli sgherri che tra il 1500 e il 1600 stavano al servizio dei signorotti di campagna,nel nostro caso don Rodrigo,con il compito di garantire che nel territorio di competenza del loro padrone il suo volere fosse rispettato,con le buone o con le cattive!
Insomma,un vero e proprio "braccio armato" del potente locale!
Anche il loro aspetto fisico era ben caratterizzato in particolare dalla presenza di un grande ciuffo di capelli che in quell'epoca era considerato come un segno di malvagità e trasgressione. Dalla particolare attenzione che usa il Manzoni nel i bravi è chiara la sua volontà di evidenziare ogni loro caratteristica, partendo proprio dal loro modo di vestire. Tutto in loro trasuda violenza e prepotenza; le stesse armi che portano,quasi per farli apparire ancora più terribili, vengono dal Manzoni nominate con termini sinistri come "spadoni" e "coltellacci".
C'è chiaramente dell'ironia nel chiamare bravi questi tipi violenti e minacciosi, ma questo contrasto serve proprio per far risaltare ancora di più la loro cattiveria.
Si ricordava in precedenza che il periodo dei bravi fosse quello del 1500/1600, tanto che lo stesso Manzoni,che scrive "I Promessi Sposi" nella prima metà del 1800,sottolinea il fatto che tali figure non esistessero più alla sua epoca.Ma siamo proprio sicuri di ciò?Siamo proprio sicuri che la figura dei bravi sia scomparsa circa 500 anni fa? Oppure ci sono ancora oggi dei bravi tra noi?
A mio parere anhe ai giorni nostri ,in certe zone dell'Italia,si possono trovare figure molto simili a quella dei bravi.Penso a quelli che,come i loro "predecessori",stando al soldo di potenti signorotti locali,inseriti in organizzazioni malavitose,impongono,con l'arma della paura e,all'occorrenza,della violenza,la volontà del loro padrone o,se vogliamo,del loro........Padrino!E' evidente come mi riferisca alla organizzazione mafiosa nella quale rivestono un ruolo molto importante i picciotti.
I picciotti possiamo definirli come i soldati semplici della criminalità organizzata,il gradino più basso della scala gerarchica di Cosa Nostra al cui vertice sta il capo dei capi,il Padrino .Anche i picciotti sono stati spesso descritti nella letteratura e nel cinema con elementi caratterizzanti quali i baffetti, la coppola calcata in testa e il fucile a canne mozze a tracolla.
E' così assurdo quindi affermare che i bravi stavano al signorotto locale come i picciotti stanno al capo mafia?.

Riccardo Vinci 2^ds

20 ottobre 2010

Como e Pescarenico: due città sullo stesso lago


Da “I Promessi Sposi” di A. Manzoni
... -E' Pescarenico una terricciola, sulla riva sinistra dell'Adda, o vogliam dire del Lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la più parte da pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare...-.
Da quando Alessandro Manzoni ha descritto questi territori essi sono rimasti quasi immutati nel corso del tempo. Solo poche case e qualche nuovo edificio hanno cercato di dare un aspetto più moderno a questa parte della vecchia Lecco. La principale attrattiva di Pescarenico è costituita dalle piccole stradine e dalle casette con i vecchi balconi dietro alle quali si trovano splendidi giardini. In piazza invece, è caratteristica la parrocchia dei SS. Lucia e Materno e l'antica chiesa del convento. Secondo alcuni racconti popolari la prima pietra fu posta nel maggio del 1576, per il volere del governatore locale.
Oggi Como è Città e capoluogo di provincia della Lombardia, situata all'estremità meridionale del ramo occidentale del lago omonimo, in una esigua pianura limitata da rilievi prealpini e da colline. Il primo nucleo della città sorse sul luogo di un insediamento gallico del VI-V secolo a.C. Comune dall'XI secolo ed in lotta con Milano per motivi territoriali fra il 1118 e il 1127, Como subì gravi distruzioni, ma venne ricostruita e nuovamente fortificata. Indebolita dalle contese interne, divenne infine una signoria dei Visconti, e da allora la sua storia politica coincise con quella di Milano.
Essendo appoggiata ai rilievi dell’ arco alpino, questo territorio per gli amanti o per gli appassionati della montagna è ricco di opportunità. Attraverso percorsi guidati, i turisti potranno passare varie ore a stretto contatto con la natura dimenticando quindi la confusione e i ritmi frenetici che caratterizzano la vita nelle grandi città. Animali come lepri, cervi, stambecchi, fagiani e molti altri tipi di uccelli popolano la maggior parte delle valli che non sono ancore a state soffocate dalla costruzione di lussuose dimore che invece, costeggiano le rive più belle dei laghi comaschi.
In piazza San Fedele, fino alla metà dell’ 800 , si svolgeva il mercato. Oggi, essa è sede di numerosi negozi di gioielli moderni e antichi e di bar con tavolini all’aperto nei quali visitatori ed escursionisti si potranno concedere una piccola pausa. Tutti i giorni , dopo l’orario di chiusura dei negozi , la città si illumina con i suoi esclusivi locali nei quali giovani ed adulti si ritrovano per sorseggiare assieme agli amici un cocktail al tramonto sul lago.
Negli ultimi anni si sono sviluppati anche gli sport acquatici come vela, sci nautico e canoa. Inoltre, grazie a varie scuole dotate delle più moderne attrezzature è possibile praticare queste splendide attività a tutti i livelli.

Segato Giacomo Filippo
2Ds

18 ottobre 2010

Don Abbondio, un ignavo alla corte dei malvagi.....senza saperlo

 


Don Abbondio: un ingnavo alla riva del lago!





Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare() Se si trovava assolutamente costretto a prendere parte tra due contendenti, stava col più forte, sempre però alla retroguardia, e procurando di far vedere allaltro che egli non gli era volontariamente nemico: pareva che egli gli dicesse: ma perché non avete saputo essere voi il più forte? Chio mi sarei messo dalla vostra parte.

Con queste parole Manzoni ci introduce Don Abbondio, un personaggio statico, dal carattere pieghevole, divenuto prete perché, resosi conto di essere debole, aveva capito che solo in quella condizione avrebbe potuto difendersi da un mondo difficile. Un mondo grande, formato da persone potenti e influenti , in cui i più timorosi e incerti come lui, trovano più conveniente essere la carrozza di un treno che va dove il locomotore la porta.
Don Abbondio, era sì un uomo debole e sottomesso, ma talvolta si dimostrava anche altezzoso e abbastanza forte nei confronti dei deboli come lui; ne è un esempio il colloquio con Renzo nel 2°capitolo, in cui per metterlo in difficoltà il prete parla al promesso sposo in latino, lingua che ovviamente quest’ultimo non conosceva.
In tutta la sua vita non gli era mai successo niente di male perché era un galantuomo, almeno così diceva per giustificare tale situazione, ed era uno di quegli uomini che Dante avrebbe annoverato tra gli Ignavi nella “Divina Commedia” .
Era uno che potrebbe essere definito come un uomo “senz’arte né parte”, perché non prende mai posizione e non dice le sue opinioni, ma al contrario preferisce tacere e fare la spia solo se gli viene chiesto da qualcuno che è più forte di lui.
In ogni categoria cè un Don Abbondio, ovvero uno che dice: io non voglio avere problemi e che ascolta solo ma non commenta per paura di andare nei pasticci.
Sono persone delle quali è difficile fidarsi, perché sono pronte a fare la spia se gli viene richiesto, e che secondo me non sono in grado di sfruttare le possibilità date, come la parola, per segnalare la loro presenza, per crearsi un posto allinterno della comunità o del gruppo di cui fanno parte.
Sono anche persone sulle quali si può difficilmente contare, persone che ti possono girare le spalle in un batter docchio insomma persone spregevoli e tali da essere ingiuriate.
Valentina Bastianello

15 ottobre 2010

E noi ve lo faremo piacere.



Dovevano essere venticinque lettori. Questo almeno è quello che pensava il buon Alessandro Manzoni quando, nel 1827, offre alle stampe la prima edizione de "I Promessi sposi". E ce lo dice pure ripetutamente nelle numerose pagine del suo romanzo. Sono passati quasi due secoli e quei venticinque lettori sono diventati molti più di 25 milioni. Un'opera nata quando interessarsi al romanzo era come dichiararsi sempliciotto e sprovveduto ha invece condizionato almeno quanto la Divina Commedia la letteratura e la cultura italiana. Possiamo proprio usare questa parola, "italiana", perchè oltre a condizionarla l'ha proprio creata. Una sorta di motore propulsore, un inpout che ha dato la spinta ad altri romanzieri ad occuparsi di questo genere considerato minore, di serie C, per donne ( e all'apoca questa era un'offesa), un genere inferiore alla lirica o al teatro tragico, i due capisaldi su cui si fondava il primato della letteratura italiana.
Ma noi ve lo faremo piacere, perchè questo romanzo scritto in tre step tra il 1821 e il 1840, con diverse revisioni e trasformazioni, scritto da un uomo che non si è più avvicinato ai romanzi e che li considerava come un errore di (semi) gioventù, è un signor romanzo. Odiato e bistrattato dagli studenti perchè se lo vedono sbattuto lì davanti sotto forma d'obbligo, mal ricordato da quanti l'hanno letto, è comunque dotato di un intreccio straordinario e di uno spessore nella descrizione dei personaggi che non ha pari. Viaggeremo un po' alla volta, per quasi un anno, tra le pagine di questo romanzo. Ci soffermeremo su alcuni personaggi, sui problemi dell'epoca, sulle descrizioni di luoghi e paesaggi, ma soprattutto faremo di tutto per riuscire ad attualizzare il più possibile il contenuto. Quel Renzo, così genuino e simpatico, personaggio in cui molti tendono ad immedesimarsi, e quella Lucia, spesso antipatica nella sua immobilità, o ancora quel Don Abbondio, pretino di campagna incapace di prendersi le proprie responsabilità, ci faranno compagnia. Ma non pensate che dovremmo per forza andarci d'accordo, perchè con alcuni ci arrabbieremo, li prenderemo in giro e proveremo ad immaginare come potrebbero essere oggi i loro cloni moderni. Perchè è pur sempre vero che un Don Rodrigo, un Cardinale Borromeo, un'Agnese, anche oggi esistono, ma hanno altri nomi. E gli innamorati che devono scontrarsi con le famiglie di origine per arrivare all'altare ci sono ancora, anche se meno di un tempo.
Un'opera insomma che ha voluto far riflettere, in un'epoca in cui l'Italia sembrava non rendersi conto che era necessaria una presa d'atto della propria situazione politica, perennemente in balia degli stranieri pronti a conquistare, e della propria condizione di bisonti irremovibilmente statici, incapaci di guardare avanti e cercare di accordarsi per unirsi, per trasformare una nazione fatta di stati e staterelli di dominio estero in una vera e propria potenza.
E Manzoni critica, sottilmenete e senza prendersene la responsabilità (pensiamo allo stratagemma del finto ritrovamento della versione originale) e le sue critiche muoveranno gli animi dei lettori......che un po' alla volta si renderanno conto che anche un libro può educare e far riflettere.
Anche per noi "I Promessi sposi" serviranno a ciò? Forse no, probabilmente no, ma ci faranno capire quanto un opera può cambiare il destino di una nazione, e di una cultura.

Simone Ariot