“Don Rodrigo […] buttò la briglia al Tiradritto, uno dei suoi al seguito. Si levò lo schioppo, e lo consegnò al Montanarolo […] si cavò poi di tasca alcune berlinghe e le diede al Tanabuso […]. Intanto i tre bravi sopraddetti e lo Sqinternotto ch’era il quarto (oh! vedete che bei nomi da serbarceli con tanta cura) rimasero coi tre dell’innominato […]a giocare, a trincare, e a raccontarsi a vicenda le loro prodezze.”
Le persone vengono identificate con il loro nome per tutta la vita. Per questo motivo Manzoni scelse con molta cura come chiamare alcuni dei suoi personaggi, non in base al suono, ma per il significato e il messaggio da trasmettere ai lettori. Quasi affibbiando un’etichetta perenne, lo scrittore voleva far saltare agli occhi la caratteristica principale delle figure da lui descritte e imprimerle nella memoria di chi leggeva. Si riescono a distinguere i protagonisti degli antagonisti, i buoni dai cattivi, i violenti dai devoti a Dio. Viene data la possibilità di delineare un carattere senza conoscerlo. Tutto questo grazie ad una singola parola: il nome. Innescando una reazione a catena di idee e immagini si arriva a collegare questa serie di lettere con un carattere ben preciso. Basti pensare a Fra Cristoforo, dal latino colui che porta Cristo, che rimanda alla sua scelta fatta di servire la Chiesa. Perfino Lucia, la figura femminile più importante di tutto il romanzo, ha nel nome la purezza e devozione a Dio. Infatti Lucia viene da Luce e quindi dalla Luce Divina. Rodrigo, poi, oltre a richiamarne le origini spagnole, deriva dal germanico potente e ricco di gloria. Anche lo Sfregiato, uno dei bravi, rievoca i tagli e le lotte. Lo stesso personaggio se si fosse chiamato, ad esempio, Beniamino non sarebbe stato credibile. Oppure l’Innominato, così potente che il suo nome non può essere pronunciato, porta con sé un alone di mistero e di ignoto. Nel caso di alcuni bravi come Tiradritto, Montanarolo, Tanabuso e Squinternotto Manzoni conia dei nuovi nomi unendo due parole, proprio come con Azzeccagarbugli. Dal nome dell’avvocato già si capisce che quest’uomo è certamente in grado di “tirare fuori dai pasticci” chi si rivolge a lui, magari non sempre in modo chiaro.
Questo stesso espediente per definire un personaggio grazie al suo nome era stato precedentemente utilizzato da Dante Alighieri. Nel XXI canto dell’Inferno nella Divina Commedia Dante incontra in una bolgia i Malebranche, un gruppo di diavoli. Le entità malvagie hanno nomi come Rubicante, da rabbia e quindi il rabbioso, Cagnazzo, che si riferisce al suo aspetto animalesco e Graffiacane che rimanda agli artigli della creatura. Infine quando Dante arriva in Paradiso trova come sua guida Beatrice, il cui nome deriva da beato ed è quindi un’anima pura e vicina a Dio.
Marina Picardi
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