30 novembre 2010

IL "MAFIOSO" DON RODRIGO

La figura di Don Rodrigo nel romanzo “I Promessi Sposi” ricopre il ruolo dell’antagonista, cioè colui che ostacola il protagonista. È un personaggio di origine spagnola che, vittima della sua ricchezza, compie atti di violenza nei confronti dei cittadini agendo spesso attraverso i Bravi, uomini a suo servizio. Manzoni non presenta una descrizione fisica, ma attraverso le  azioni di Don Rodrigo si possono capire alcune caratteristiche del suo carattere. Si può considerare il tiranno del paese, infatti compie il male per la sicurezza della sua posizione sociale e per l’appoggio di persone poco scrupolose che gli garantiscono l’impunità. In sintesi si può dire che Don Rodrigo è un personaggio predisposto al male, un personaggio che pretende attraverso la violenza il rispetto dei compaesani. Nonostante sia malvagio Rodrigo non ha il coraggio delle sue azioni, anzi è intimorito dalle conseguenze che esse possono causare. Il suo obiettivo principale fu quello di impedire il matrimonio tra Renzo e Lucia, protagonisti del romanzo, costretti a scappare per salvare il loro amore. Probabilmente Don Rodrigo dopo le minacce di Padre Cristoforo avrebbe abbandonato l’impresa, ma vi rimane soprattutto per una questione di orgoglio personale.
A distanza di 400 anni paragonare Don Rodrigo ad un personaggio attuale è ben difficile e complesso: può esistere un Don Rodrigo dei nostri tempi? Potrebbe essere, oggigiorno, un pretesto valido intromettersi in un matrimonio per ottenere uno scopo ben preciso? Ne vale la pena nonostante non si ottengano buoni risultati?
A queste domande è difficile rispondere perché oggigiorno esistono organizzazioni di potere che agiscono in vari livelli: politico, scolastico, civile..Un esempio di queste è la mafia, un’organizzazione ormai diffusa ovunque che, nascosta agli occhi dei cittadini, sottostà al presidio di un’unica fonte, che attraverso dei collaboratori soddisfa le proprie richieste. Queste organizzazioni, quindi, sono gestite a livello gerarchico da un individuo che può essere paragonato al Don Rodrigo del seicento. Anche se operano in ambiti diversi, entrambi i Don Rodrigo agiscono per il male, ma la loro malvagità ha limiti diversi: il Don Rodrigo del seicento ha un limite preciso, mentre quello attuale supera i limiti della dignità civile.

Carolina Rossi

27 novembre 2010

GARZONI:IERI COME OGGI


I garzoni, o meglio conosciuti come garzoncelli data la modesta età di chi svolgeva questo lavoro, erano lavoratori dipendenti che svolgevano le faccende e commissioni più varie.
Nel corso della storia, da quella più antica a quella più recente, troviamo una varietà illimitata di esempi di garzoni che lavoravano per uno stipendio fisso. Basta pensare all’epoca romana, dove i piccoli proprietari terreni che avevano perso tutto, si mettevano al servizio dei grandi latifondisti per ricevere delle ricompense in denaro o appezzamenti di terra per poi avere un possedimento proprio. Ancor più “popolari” invece, erano i garzoni che trovavano impiego nelle botteghe o, in ambito più artistico, diventavano aiutanti di artisti.
Altro caso, è quando i garzoncelli erano semplicemente giovani fidati che effettuavano ogni genere di commissione in cambio di qualche “mancia”, con la quale comprare un pezzo di pane da mettere sotto i denti o qualche altro genere alimentare, per assicurarsi di finire la giornata con qualcosa nello stomaco!! Ed è proprio di questi giovani tuttofare che ci parla Manzoni ne I Promessi Sposi, dei quali l’esempio più caratteristico è Menico.
“Agnese andò a una casa vicina, a cercar Menico, ch’era un ragazzetto di circa dodici anni, sveglio la sua parte, e che, per via di cugini e cognati, veniva a essere un po’ suo nipote. Lo chiese ai parenti, come in prestito, per tutto quel giorno, <per un certo servizio>, diceva. ”
Come capiamo da questo passo del romanzo, Menico è un giovinetto di circa dodici anni, che per via di alcuni cugini e cognati risulta essere nipote di Agnese. Mostra vivacità ed allegria, ma allo stesso tempo è un ragazzo intelligente, del quale ci si può fidare. È infatti lui stesso che compie egregiamente la missione affidatagli da Agnese (ovviamente in cambio di qualche soldo)…insomma, un vero e proprio garzoncello!                                            
Ma i garzoni non sono figure solo del passato; anche oggi infatti, non c’è da stupirsi se ci imbattiamo in qualche “giovane Menico”, o meglio in qualche giovane che per arrotondare la paghetta decide di cercare lavoro. E anche loro, come i garzoni di una volta, partono dallo spazzare il pavimento e pulire i tavoli o passare e pulire utensili, per poi acquisire sempre più importanza e prestigio in quello che fanno.
Sembrerebbe quindi che il garzoncello fosse un impiego per tutti, ma non è affatto così, anzi! Bisognava essere molto svegli e impegnarsi in quello che si fa, per ottenere qualcosa in cambio…insomma, prendiamo esempio da Menico!
Matteo Fontana

26 novembre 2010

FRATI IERI, FRATI OGGI

“ <<Deo gratias.>> […] e subito, fatto un piccolo inchino familiare, venne avanti un laico cercatore cappuccino, con la sua bisaccia pendente alla spalla sinistra, e tenendone l’imboccatura attortigliata e stretta nelle due mani sul petto.
<<Oh fra Galdino!>> dissero le due donne.
 <<Il Signore sia con voi, >> disse il frate. <<Vengo alla cerca delle noci.>> “
Fra Galdino viene presentato dal Manzoni come una persona umile e con un grande senso pratico tipico di chi deve far quadrare i conti; è anche abile nel conquistare la fiducia delle persone, in quanto capace di ascoltare e comprendere i problemi delle persone ed ha una grande capacità comunicativa.  Nelle righe del terzo capitolo però, dove ci viene presentata appunto la sua figura, fra Galdino è chiamato ad eseguire un compito diverso e di notevole importanza: deve riferire a fra Cristoforo l’urgenza di Lucia di parlare con lui.
Manzoni, attraverso questo personaggio, vuole presentare la figura dei frati e sottolineare in particolare due aspetti: il primo è quello che differenzia la loro categoria da quella dei preti e della chiesa in generale. Quest’ultima veniva considerata corrotta e troppo attenta alla politica e materialista, a differenza dei frati ritenuti una classe a parte, autonoma e vicina alla gente. Il secondo scopo è quello di valorizzare il loro compito all’interno della società del tempo. I frati, infatti, venivano considerati come delle persone su cui poter fare affidamento e con cui poter parlare dei propri problemi, come farà Lucia con fra Cristoforo.
I frati erano ben visti dalla gente del paese che, durante i periodi nei quali essi bussavano di casa in casa per racimolare qualche provvista, era disposta a donare una parte del proprio raccolto questuanti.
Al giorno d’oggi i frati sono visti in modo diverso, come persone con cui poter parlare avere un rapporto di fiducia, anche se meno di un tempo. Oggi è cambiata sia la modalità di incontro che di dialogo. Innanzitutto non ci sono più molte possibilità di contatto con questa categoria religiosa, in quanto i frati vivono in conventi o in luoghi più isolati e poi perché comunque la società attuale non è più molto attenta a questo tipo di comunicazione e interazione. Inoltre, essendo più difficile l’incontro, diventa anche più difficile il dialogo in sé, e quindi il considerare i frati come confidenti.
Saremo capaci di riscoprire la profondità del messaggio che lo stile di vita dei frati cappuccini ci propone? 
Noemi Bolzon

20 novembre 2010

Azzecca Garbugli: un professionista al servizio del potere



‘…quel dottore alto, asciutto, pelato, col naso rosso, e una voglia di lampone sulla guancia. (…) Il dottore era in veste da camera, cioè coperto d’una toga ormai consunta, che gli aveva servito, per molto ai addietro, per perorare…’.Così Manzoni descrive l’avvocato Azzeccagarbugli né ‘I promessi Sposi. La figura di questo personaggio è lo stereotipo dell’avvocato così come lo si è inteso fino a pochi anni fa, un singolo professionista in un piccolo studio. Negli ultimi decenni tutto ciò è cambiato ed ora esistono uffici di grandi dimensioni in cui lavorano decine o addirittura centinaia di avvocati. Tali strutture assomigliano più
ad un’azienda che non alla realtà del dottor Azzeccagarbugli.
Questo non è l’unico aspetto della vicenda in cui si può notare un’evoluzione con profondi cambiamenti tra passato e presente.
Ad esempio, la soggezione con cui Renzo si rivolge ad Azzeccagarbugli è tipica della persona ignorante nei confronti di chi ha studiato e perciò “sa”.
E’ un tratto assai comune nel rapporto tra cliente e avvocato che rimase fino a quando la scolarizzazione di massa e la diffusione di radio, televisione, giornali e per ultimo internet hanno reso le persone meno ignoranti. I mezzi di informazione, infatti, hanno fatto diventare accessibili a tutti una serie di concetti che prima erano conosciuti solo dall’avvocato.
Se alcuni aspetti cambiano, altri invece rimangono invariati negli anni.
Con riferimento allo svolgimento della difesa da parte dell’avvocato, l’attività viene riassunta da Manzoni attraverso Azzeccagarbugli con una frase breve ma efficace: “All’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi imbrogliarle.”
Questa regola può essere considerata valida anche adesso perché il cliente deve raccontare la verità al proprio avvocato in modo che egli possa capire quali siano le leggi che si possono usare per meglio difendere il proprio cliente. Manzoni usa la parola ‘imbrogliare’, ma il termine è forse un po’ eccessivo e non è sempre detto che sia così: spesso in un processo le cose non sono bianche o nere ma grigie e sta all’avvocato riuscire a far sì che la decisione sia favorevole al proprio assistito utilizzando al meglio le leggi.
Un’altra caratteristica immutata negli anni è la possibilità per l’avvocato di rifiutare l’incarico.
Leggendo questo passo ci si pone, infatti, una domanda: anche un professionista moderno avrebbe potuto comportarsi come Azzeccagarbugli? La risposta è sì, nel senso che nel momento in cui un qualsiasi avvocato ritiene di non poter più seguire il caso che gli è stato affidato, gli è concesso di interrompere il rapporto con il proprio cliente.
Manzoni descrive il rifiuto del Dottore in modo molto negativo: il personaggio è infatti prepotente, un po’ bugiardo e sicuramente vigliacco. Lo sarebbe anche un avvocato di oggi che rifiuta il caso per gli stessi motivi di Azzeccagarbugli. Tuttavia se l’avvocato non se la sente di difendere il cliente è meglio che rifiuti il caso piuttosto che accettarlo e seguirlo male.
Emma Tessari

16 novembre 2010

PECCATO E RINASCITA: IL CASO FRA CRISTOFORO


 "Ci sono delle parole così espressive e forti da non essere utilizzate dalle persone bene educate se non a denti stretti e in momenti di particolare fervore e che comunque, nonostante questo, riescono ad essere efficaci ed immediatamente comprensibili evidenziandone l’energia e la potenza primitiva". Così Manzoni, in poche righe nel  IV capitolo esprime l’essenza di Fra Cristoforo.
Si tratta di un personaggio dalla storia particolare che nella vita si è trovato a vestire panni diversi e fortemente in contrasto: da ricco figlio di mercante, amante della bella vita, a devoto frate cappuccino dedito all’espiazione del peccato di gioventù. Ciò che sorprende di più nella vicenda è la sua indole sempre propensa a proteggere i poveri dai soprusi dei signorotti. Questo suo modo d'essere l'accompagna in tutta la vita anche se cambiano le motivazioni che lo spingono ad agire a favore dei più deboli: dapprima la volontà di mettersi in mostra e di sfidare gli altri ricconi locali, poi, dopo la conversione, il desiderio di riuscire così a scontare la propria colpa.
Fra Cristoforo è continuamente perseguitato da un pensiero legato alla sua giovinezza: l’omicidio da lui compiuto contro un nobile in seguito ad una disputa per futili motivi. Lodovico (il nome che aveva prima di prendere i voti) non si era mai perdonato la facilità con cui aveva freddato l’uomo, e aveva deciso che l’unica cosa possibile da fare, a quel punto, fosse quella di diventare frate e di sperare nella misericordia divina continuando a proteggere gli oppressi senza usare la violenza.
Fra Cristoforo, nella sua esistenza, aveva sempre cercato di conciliare i contrasti e di placare gli scontri, ma nella prima parte della sua vita aveva come scopo quello di emergere rispetto agli altri. Più tardi  il suo obiettivo fu semplicemente l'evitare il  ripetersi di episodi simili.  Questo modo di agire ricorda un po’ un ex brigatista, Roberto Adamoli, il quale, negli anni ’70, partecipò alla pianificazione di diversi attentati ed ora lavora presso la comunità di Don Mazzi per il recupero di persone con problemi sociali. Se prima l’intento era quello di migliorare la società, di spazzare via la mala politica e la corruzione attraverso il terrorismo, dopo il processo e la condanna qualcosa è cambiato ed ha capito che una nazione si può migliorare solo partendo dalle persone meno considerate, gli scarti, anche se questo può voler dire non far sentire la propria voce in modo prorompente.

Eleonora Ciscato