21 gennaio 2011

Renzo in città: un pesce fuor d'acqua

 
“..e andò dietro a uno che, fatto un fascio d'asse spezzate e di schegge, se lo mise in ispalla, avviandosi, come gli altri […] La voglia d'osservar gli avvenimenti non poté fare che il montanaro, quando gli si scoprì davanti la gran mole, non si soffermasse a guardare in su, con la bocca aperta. Studiò poi il passo, per raggiunger colui che aveva preso come per guida..”


Chi non si sentirebbe spaesato a dover lasciare le abitudini lente e monotone del suo piccolo paese per ritrovarsi forzatamente catapultato nella caotica città? A Renzo è successo proprio questo. Abituato alla sua semplice vita a Pescarenico, sveglia alle quattro e mezzo di mattina, lavoro alla filanda, pranzo e cena (se ce n’era), si ritrova a dover lasciare la sua quotidianità per rifugiarsi a Milano nel convento del Frate Bonaventura sotto consiglio di Fra Cristoforo. 
Il nostro eroe parte a piedi dal suo paesino e si trova, una volta arrivato nella grande città, coinvolto nel bel mezzo della rivolta del pane, tumulto popolare scatenatosi a causa di un susseguirsi di cambiamenti sul prezzo di questo bene di prima necessità. Ma un contadino in città è come un pesce fuor d’acqua! Non ragiona con la propria testa, si lascia coinvolgere dagli avvenimenti emulando chi si trova di fronte. Renzo possiede poche informazioni sulla rivolta in corso, ma nonostante ciò cerca di farsi strada tra la folla e arriva ad essere uno degli uomini che trattengono i rivoltosi per permettere alla carrozza di Antonio Ferrer di passare. Renzo non è ben cosciente di quello che fa, ma si schiera dalla parte del popolo irruento trascinato nella mischia.  
Il trovarsi spaesato non è capitato solo a Renzo ne “I Promessi sposi”, ma è un tema che si ritrova in molte altre storie, favole o film. Ha origini molto antiche, per esempio, nella nota favola di Esopo, “Il topo di città e il topo di campagna”.
Scritta nel VI secolo a.C. racconta di due topolini che invidiosi l’uno della vita apparentemente agiata dell’altro, si scambiano i ruoli. Il topo di campagna si trova in città con cibo in abbondanza, ma costretto a mangiare di corsa a causa di un brutto cane che lo rincorre; l’altro topolino, invece, si trova in campagna, può mangiare in pace ma il cibo è scarso. Alla fine entrambi decidono di tornare alla loro vita. 
Da questa antica favola prende spunto il capolavoro cinematografico di Castellano e Pipolo  “Il ragazzo di campagna ”. In questo film Renato Pozzetto interpreta Artemio, un contadino che arrivato alla soglia dei quarant’anni decide di lasciare la monotonia del suo paese natio per trasferirsi a Milano, la grande città. Un po’ come un Renzo moderno parte e arriva a nella metropoli e si fa subito riconoscere grazie alla sua entrata…in trattore!
Come Tramaglino è spaesato e oserei dire un po’ tonto, si lascia coinvolgere nelle situazioni più particolari perché: “Beh, Milano è Milano!”. Non riesce a decidere cosa sia bene e cosa male poiché per lui, come per Renzo, tutto è giustificato dal trovarsi in città. Alla fine, però, rinuncia all’avventura e ritorna dalla mamma nel paese che il venerdì festeggia con alta attenzione il passaggio del treno!
Con il passare del tempo, però, la differenza tra campagna e città è piuttosto diminuita, poiché grazie ai veloci mezzi di comunicazione anche fuori dalle metropoli arrivano le notizie e la vita frenetica scandita dal susseguirsi impegni si ritrova anche nei paesi. Tutti gli esempi di ”contadino in città” portano però, alla fine, al ritorno in campagna. Forse perché ognuno si trova bene dove è abituato a stare, chi con le macchine veloci, chi con il chicchirichì del gallo come sveglia la mattina.

Sara Adami 2Ds

2 commenti:

  1. Anonimo11:51

    NC7
    Mi ha molto colpita come il cambiare delle abitudini di una persona possa cambiare la persona stessa. Renzo, abituato ormai alle sue abitudini da vita di campagna si sente spaesato in una grande città come Milano e quindi cerca di omogeneizzarsi in un ambiente in cui non é solito stare. É un atteggiamento che spesso le persone mettono in atto, secondo me, per sentirsi parte di circostanze e situazioni a cui non sono abituati. Spesso per sentirci parte di qualcosa cambiamo senza rendercene conto, non solo il nostro modo di fare, ma per un po’ di tempo anche il modo di vedere le cose, proprio come Renzo. Riusciamo a scordarci anche cose molto importanti come ad esempio obbiettivi personali, solo per sentirci parte della massa. Soprattutto in una società come la nostra si tende a seguire “la moda del momento” dimenticando la nostra vera personalità e il nostro essere.
    Rimanere se stessi anche in situazioni particolarmente complesse, come nella vicenda di Renzo, é molto complicato ma anche molto importante per imparare da ciò che ci circonda e non necessariamente diventarlo.

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  2. Anonimo06:25

    E' proprio vero: una persona che da un giorno all'altro si ritrova catapultata in un contesto a lui nuovo, ed è costretto ad abbandonare la sua quotidianità, è proprio come se fosse un pesce fuor d'acqua. Questo è quello che è successo a Renzo: pur di salvare l'amore che lo lega a Lucia, scappa a Milano, dove si ritroverà nel bel mezzo della rivolta del pane e dove rimarrà per più di due anni, senza poter vedere la sua amata. Sono d'accordo con il fatto che Renzo, sopratutto con le sue difficoltà nel leggere e nello scrivere, si sia ritrovato completamente spaesato in questo nuovo mondo a lui completamente sconosciuto, e proprio per questo, si è fatto prendere dalla foga e si è fatto influenzare dalla folla, senza sapere effettivamente quello che stava facendo. Mi sono piaciute molto le citazioni della favola di Esopo e del capolavoro cinematografico di Castellano e Pipolo per quanto riguarda il dover lasciare il proprio paese e il ritrovarsi come un pesce fuor d'acqua.
    A.B 4

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