17 gennaio 2011

EPOCHE DIVERSE, MALCONTENTO COMUNE


                                                                     

Nel dodicesimo capitolo de “I promessi sposi” Manzoni delinea il periodo storico di una città, Milano, in rivolta. Gli animi in fermento portano l’11 novembre 1628 a una rivolta popolare, descritta dall’autore attraverso le reazioni istintive della folla, che vede il suo apice nell’assalto al forno e alla casa del vicario.
Ma quale fu la causa di tutto ciò? Immediata risposta si trova nella grave situazione di carestia che colpì per due anni Milano e nel malgoverno di politici spagnoli.  Fu questo il caso ad esempio di Ferrer che, abbassando il prezzo del pane, peggiorò irrimediabilmente la situazione di crisi. Cosi quando una commissione ebbe la  responsabilità di fissare un rincaro del prezzo del pane, il malcontento generale dilagò.
Situazioni fisse e periodiche di ogni epoca che, a seguito del malcontento del popolo, portano a repressioni più o meno violente.
Scene di tal genere si verificavano 400 anni fa e si verificano tutt’oggi. Cause: varie. Si passa dagli scontri a Genova nel 2001 in occasione della riunione dei governanti dei maggiori paesi industrializzati, alla più recente manifestazione studentesca del 14 dicembre 2010 che ha coinvolto studenti contrari alla riforma Gelmini
 Il più delle volte, in queste situazioni, un solo sasso scagliato alla cieca è presupposto di tumulti della folla contro le forze dell’ordine, centro di sfogo per la rabbia e la delusione. La mancanza di forze dell’ordine invece, porterebbe raramente il gruppo di manifestanti ad azioni di violenza che nel momento preciso agiscono liberamente, senza ragione. Infatti in una tale situazioni di malessere qualunque cosa che prima veniva vista sbagliata, se fatta da uno, porta la coscienza umana a ritornare sulla propria posizione e compiere lo stesso gesto.
“Sono un uomo come tanti. E faccio il poliziotto. Forse ho colpito gente che non lo meritava. Ma io mi sono voltato a guardare piazza del Popolo dopo averla liberata dai manifestanti. E già sapevo che qualcuno avrebbe detto... "ma la polizia perchè ha permesso tutto questo?" O anche "è successo perchè i poliziotti hanno provocato". E sentivo il numero dei poliziotti feriti che saliva. 57 feriti è statistica. 57 uomini sono 57 storie.[…] Le nostre ferite non le ostentiamo. Noi. Che non siamo diversi da "voi". Che non odiamo ma possiamo avere paura. Che non vorremmo dover colpire ma a volte dobbiamo farlo. Che mercoledì 22 saremo ancora in piazza. E sui mezzi che ci portano ore prima sui luoghi più caldi ci diremo che mancano tre giorni a Natale. E che... al ritorno... speriamo di essere tutti e di non dover pensare che c’è un collega a cui far visita in ospedale.” (Corriere della sera)
Questo è ciò che succede nella nostra realtà, ma se ci soffermassimo ad analizzare altre situazioni potremmo riconoscere che ciò che succedeva in Italia nel 1628 e ciò che succede oggi, a confronto, sembra una banalità. Un esempio? La Tunisia oggi.

Sergio Paiu

1 commento:

  1. Anonimo06:07

    Ognuno di noi è unico e insostituibile, poiché siamo tutti diversi e la nostra "diversità" si riconosce non tanto nell'aspetto esteriore quanto nel nostro modo di pensare, di scegliere e di criticare positivamente o negativamente i pensieri degli altri.
    Proprio da questa nostra diversità di pensiero sono state generate le ribellioni che a volte sono state così grandi ed incisive che hanno cambiato il corso della storia.
    Esse sono nate con gli uomini che sin dall'antichità hanno rovesciato governi e alzzato rivolte spinti dal desiderio di dire basta a cose che non gli andavano bene ed è grazie ad esse che ora possiamo godere di diritti e non adempiere solo a doveri.
    Sicuramente quindi le rivolte sono un'azione positiva se fatte per giuste cause anche perche denotano la voglia di cambiamento e di forza di volontà degli uomini che spessissimo si sono fatti avanti per dare un senso ed una certa qualità alla loro vita e a quella degli altri.
    Un esempio ci viene offerto da Martin Luter King, paladino delle persone di colore, che ha avuto la forza di denunciare i soprusi subiti da quella che oramai veniva definita come una "razza" e di promuovere il principio dell'uguaglianza indipendentemente da razza, occupazione e colore della pelle come diceva lui nel suo famosissimo discorso "I have a dream".
    Credo che tutto ciò sia importante e a volte l’unico modo per imprimere certi tipi di messaggi, ma che sia altrettanto importante farlo nel modo giusto senza mettere a repentaglio vite di persone che fanno solamente il loro lavoro.
    Gianmarco Vaccaro

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