Quando non c’è più niente da fare. Quanto ci si sente disperati, con l’acqua alla gola. Quando non ce la si fa più.
E’ in quel momento che la speranza appare solo una: la fuga.
Via, andare via da tutti e a da tutto, sciogliere ogni legame con quel mondo che sta stretto, che sembra solo un incubo.
E’ a quel punto che si paga un barcone malandato come se fosse una crociera. E’ in quel momento che si decide di mollare tutto, affrontare qualsiasi paura, attraversare l’Inferno piuttosto di trovare una vita nuova.
Purtroppo in questi giorni di storie con questo modello ce ne sono a migliaia e tutti le vedono, passano sotto gli occhi e sono in grado di suscitare anche qualche lacrima … pochi sopportano la disperazione altrui. Eppure risulta difficile intervenire davvero, risulta difficile accogliere chi si trova in una delle più grosse difficoltà umane.
Strano, se non sbaglio tutti i popoli hanno una storia che è stata toccata almeno una volta dalla fuga, dall’esodo, dall’emigrazione. Rifugiati politici, religiosi, clandestini, persone di ogni provenienza, con le più svariate intenzioni e i più ambiziosi sogni. Tutti con la stessa comune necessità di trovare un luogo accogliente, diverso da quello di partenza, che appare come un miraggio.
L’Ebreo che cerca la Terra Promessa, l’emigrante che va in America per farsi una “nuova vita” nel Nuovo Continente, il cervello dello studente giovane e preparato che fugge alla ricerca di incentivi al suo lavoro e la sua ricerca, l’Egiziano, il Tunisino, il Libico disperato che vuole andare in Europa, che vuole trovare un lavoro e poi chiamare lì la sua famiglia per vivere finalmente una vita dignitosa e soprattutto normale.
A quanti, nel proprio piccolo, non è successo di cercare una via di fuga estrema?
Persino il nostro Don Abbondio ha provato qualcosa del genere:
Possibile che nessuno mi voglia aiutare! Oh che gente! Aspettatemi almeno, che possa venire anch'io con voi; aspettate d'esser quindici o venti, da condurmi via insieme, ch'io non sia abbandonato.
Pensate, un uomo che già normalmente ha paura di ogni possibile problema o “impiccio” della vita, che si trova ad affrontare l’arrivo dei lanzichenecchi, con la fama talmente terribile da scatenare il panico prima del loro arrivo. Ovviamente, il nostro curato agisce come da copione:
pensa solo a se stesso e a trovare qualcuno che lo possa portare in salvo. Per fortuna Perpetua mantiene i nervi saldi e decide con Agnese di recarsi al castello dell’Innominato, da poco convertito e diventato fonte di salvezza per ogni vivente, per trovare rifugio. E assieme a loro molti poveri contadini, pastori e gente comune che all’improvviso si trova a dover scappare a causa degli affari e dei contrasti tra uomini ricchi e famosi che nemmeno si sono mai visti in giro, i cosiddetti “potenti”.
Insomma la storia è sempre quella, che si ripete con forme e nomi diversi, ma è sempre la stessa.
E voi? Vi è mai capitato di voler o dover fuggire?
Debora Carolo
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